Davide Groppi è un designer piacentino che dalla fine degli anni Ottanta inventa e produce lampade con l’omonimo marchio. Imprenditore creativo indipendente, realizza progetti originali presenti in tutto il mondo, contraddistinti da una speciale delicatezza e capacità di far emozionare. Dal 2018 con la sua azienda entra a far parte della famiglia di Guggenheim Intrapresæ, programma di membership aziendale della Collezione Peggy Guggenheim, sostenendo e promuovendo le attività del museo. Davide Groppi si racconta.
Ho un approccio maieutico al processo creativo e per questo ho bisogno degli altri. Sento la necessità di parlare con le altre persone e di frequentare luoghi “diversi”. La Collezione Peggy Guggenheim è uno di questi luoghi, uno dei miei riferimenti assoluti di nutrimento e di scambio. Quando visito il museo avverto tutta l’energia che è passata in quelle stanze: gli artisti, Peggy e il suo spirito innovativo. Sostenere la PGC è stata una scelta dettata da queste ispirazioni ed è per questo che con la mia azienda dal 2018 faccio parte di Guggenheim Intrapresæ.
Intendo dire che alla base di ogni poetica ci sono le estetiche e i significati. L’estetica mi interessa perché riguarda la possibilità di conoscere attraverso i sensi. La mia è sempre fatta di assenza ed essenza della luce. È un lavoro di ricerca sulla verità e quindi sulla bellezza. I significati sono invece la componente umanistica. Personalmente sono molto legato all’aspetto semantico degli oggetti, ancor prima del loro lato funzionale. Mi affascinano cioè i racconti che essi possono generare. Ho una visione fotografica della luce: nei miei progetti immagino sempre di scattare una fotografia o addirittura di girare un film. Ricordo sempre che fotografia significa scrittura di luce e che nel cinema la luce viene chiamata fotografia. In questo senso attingo a piene mani dall’arte tutta, dalla cosiddetta arte classica alle forme più estreme e contemporanee.
Nel mio caso è stato ed è un fatto di sopravvivenza e indipendenza. Vivere in un piccolo borgo mi ha permesso di rimanere autonomo e non farmi troppo coinvolgere e influenzare dal mondo del design. Sono cresciuto come fossi in una riserva protetta e ho inventato e costruito ogni cosa dal principio. Sotto molti punti di vista ciò è stato un bene poiché mi ha permesso di rimanere originale e riconoscibile. Allo stesso tempo, non posso dimenticare che essere nato vicino a Milano mi ha permesso, 35 anni fa quando ero giovane e inesperto, di iniziare l’attività che sarebbe diventata la mia realtà imprenditoriale di oggi.
Immagino e desidero un mondo in cui gli uomini siano ancora più uomini o meglio possano ritornare alla loro essenza uomini. Per quel che riguarda il mio lavoro mi piace pensare di creare “utensili” in grado di alleggerire il mondo, rendendolo più spontaneo e nello stesso tempo più ricco di significati ed amore. È questa la mia personale visione di fusione tra il mondo del design e dell’arte.