CorporARTE. Intervista a Davide Groppi

15 settembre 2020
 

Davide Groppi è un designer piacentino che dalla fine degli anni Ottanta inventa e produce lampade con l’omonimo marchio. Imprenditore creativo indipendente, realizza progetti originali presenti in tutto il mondo, contraddistinti da una speciale delicatezza e capacità di far emozionare. Dal 2018 con la sua azienda entra a far parte della famiglia di Guggenheim Intrapresæ, programma di membership aziendale della Collezione Peggy Guggenheim, sostenendo e promuovendo le attività del museo. Davide Groppi si racconta.

  1. Partendo da una sua frase “Il nostro destino dipende profondamente dai nostri pensieri che poi diventano parole, che diventano azioni. In questo processo le persone che abbiamo vicino sono essenziali anche nella formazione del nostro pensiero, in quello che facciamo e diventeremo” ci piace pensare che in quelle “persone” ci sia anche la Collezione Peggy Guggenheim. A che punto e come la PGC entra a far parte nel suo percorso di designer e imprenditore?

Ho un approccio maieutico al processo creativo e per questo ho bisogno degli altri. Sento la necessità di parlare con le altre persone e di frequentare luoghi “diversi”. La Collezione Peggy Guggenheim è uno di questi luoghi, uno dei miei riferimenti assoluti di nutrimento e di scambio. Quando visito il museo avverto tutta l’energia che è passata in quelle stanze: gli artisti, Peggy e il suo spirito innovativo. Sostenere la PGC è stata una scelta dettata da queste ispirazioni ed è per questo che con la mia azienda dal 2018 faccio parte di Guggenheim Intrapresæ.

 

  1. In occasione dell’ultimo Salone del Mobile, in un’intervista all’ADI Associazione per il Disegno Industriale ha parlato di cultura umanistica e della sua costante ricerca del significato oltre il segno estetico: può spiegarci come traduce questa ricerca nella sua attività imprenditoriale e quanto arte e artisti sono guida in questa ricerca?

Intendo dire che alla base di ogni poetica ci sono le estetiche e i significati. L’estetica mi interessa perché riguarda la possibilità di conoscere attraverso i sensi. La mia è sempre fatta di assenza ed essenza della luce. È un lavoro di ricerca sulla verità e quindi sulla bellezza. I significati sono invece la componente umanistica. Personalmente sono molto legato all’aspetto semantico degli oggetti, ancor prima del loro lato funzionale. Mi affascinano cioè i racconti che essi possono generare. Ho una visione fotografica della luce: nei miei progetti immagino sempre di scattare una fotografia o addirittura di girare un film. Ricordo sempre che fotografia significa scrittura di luce e che nel cinema la luce viene chiamata fotografia. In questo senso attingo a piene mani dall’arte tutta, dalla cosiddetta arte classica alle forme più estreme e contemporanee.

 

  1. Un designer piacentino con sede a Piacenza. In un momento in cui la vita e le attività sembrano centralizzarsi sui grandi poli urbani attrattivi come Milano, essere fortemente legato alla sua città d’origine forse rappresenta una scelta coraggiosa. Quali sfide e occasioni possono nascere per un’azienda che vuole valorizzare il proprio territorio d’appartenenza?

Nel mio caso è stato ed è un fatto di sopravvivenza e indipendenza. Vivere in un piccolo borgo mi ha permesso di rimanere autonomo e non farmi troppo coinvolgere e influenzare dal mondo del design. Sono cresciuto come fossi in una riserva protetta e ho inventato e costruito ogni cosa dal principio. Sotto molti punti di vista ciò è stato un bene poiché mi ha permesso di rimanere originale e riconoscibile. Allo stesso tempo, non posso dimenticare che essere nato vicino a Milano mi ha permesso, 35 anni fa quando ero giovane e inesperto, di iniziare l’attività che sarebbe diventata la mia realtà imprenditoriale di oggi.

 

  1. Ogni giorno il mondo del design ci stupisce innovando e reinventando in ogni ambito d’azione, sempre in dialogo e a volte in completa fusione con l’arte. Quali saranno gli scenari futuri di commistione creativa ed imprenditoriale di arte e design?

Immagino e desidero un mondo in cui gli uomini siano ancora più uomini o meglio possano ritornare alla loro essenza uomini. Per quel che riguarda il mio lavoro mi piace pensare di creare “utensili” in grado di alleggerire il mondo, rendendolo più spontaneo e nello stesso tempo più ricco di significati ed amore. È questa la mia personale visione di fusione tra il mondo del design e dell’arte.

 

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La Collezione Peggy Guggenheim aderisce a ASviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile che promuove i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
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